La cucina umbra ha origini molto antiche e fortemente radicate nella storia della regione e di tutta l’Italia. Questa tradizione si riflette soprattutto nell’uso di particolari tecniche di preparazione e di cucina e anche per il frequente uso di determinati ingredienti molto antichi.
In queste zone ogni popolo che è passato ha lasciato le proprie tradizione in Umbria dagli antichi Etruschi, fino ai Romani, che hanno impresso in queste terre l’amore per una cucina povera, ma ricca di gusto a base soprattutto di legumi e cereali, in particolare il farro ed il frumento, presenti già nel Medioevo e ancora oggi molto utilizzati nella cucina umbra.
In queste zone, nel Medioevo, esistevano moltissimi monasteri dove venivano cucinati piatti sani, sostanziosi e saporiti, sfruttando i prodotti locali. La forte tradizione cristiana, legata anche a periodi di digiuno, ha diffuso l’uso di moltissime verdure, ma anche erbe aromatiche e ovviamente piatti a base di pesce. L’Umbria infatti non possiede uno sbocco diretto sul mare, ma è ricca di limpidi torrenti dove abbondano pesci gustosi e buonissimi che approdano sulla tavola cucinati in diversi modi.
Il territorio dell’Umbria poi è prevalentemente montuoso, per questo un tempo era molto difficile da raggiungere e i piccoli paesi di questa terra rimanevano isolati dal resto del mondo, stretti nella loro cultura e tradizione. Grazie a ciò ancora oggi possiamo assaporare piatti e pietanze cucinate come si faceva una volta, soprattutto perchè tante antiche ricette e le preparazioni gastronomiche sono rimaste inalterate.
Troviamo ad esempio la cottura allo spiedo, che risale addirittura al medioevo quando il signore del castello indiceva feste ed organizzava suntosi banchetti. La cottura allo spiedo è utilizzata per preparare la maggior parte dei secondi come i palombacci, i colombi selvatici spennellati di salsa e insaporiti dal vino rossi con ovviamente tanti aromi e spezie. Un altro piatto tipico è il panpepato, sempre di origine medioevale, tipico della cucina contadina e preparato a Natale.
Di Valentina Vanzini